L’articolo 1, commi 126 e 127 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (cd. ‘Legge di Stabilità 2016’) era intervenuto a modificare l’articolo 26 del D.P.R. n. 633/1972 (cfr. in calce il nuovo testo dell’articolo 26 predetto, in vigore dal 1° gennaio 2017), che regola le variazioni in aumento o in diminuzione dell’imponibile e dell’IVA, in relazione alla possibilità di recupero dell’IVA nei casi di mancato pagamento dei corrispettivi.
In particolare, le disposizioni che erano state introdotte:
i) anticipavano alla data di assoggettamento alla procedura concorsuale, il momento in cui il creditore aveva la possibilità di recupero dell’IVA nei confronti del debitore, senza attendere l’esito della stessa;
ii) identificavano in maniera puntuale il momento in cui le procedure esecutive a carattere individuale potevano considerarsi infruttuose e legittimare quindi il recupero dell’IVA addebitata al debitore.
Le nuove disposizioni dovevano entrate in vigore dal 1° gennaio 2017.
Con le nuove disposizioni contenute nella cd. ‘Legge di Bilancio 2017′ (articolo 1, comma 567, della Legge n. 232/2016), è stato di nuovo modificato l’articolo 26 del D.P.R. n. 633/1972, al fine di ripristinare la regolare secondo la quale l’emissione di nota di credito I.V.A. (per ‘recuperare’ in detrazione l’IVA indicata nella corrispondente variazione in diminuzione) risulta possibile solo al momento della conclusione infruttuosa delle procedure predette.
Analizziamo allora la disciplina attualmente prevista, alla luce delle novità normative introdotte, in tema di variazioni in diminuzione dell’IVA dipendenti dal mancato pagamento del corrispettivo, sia nel caso di procedure concorsuali, che nel caso delle procedure esecutive individuali.
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1. Procedure concorsuali e variazioni in diminuzione dell’IVA per mancato pagamento del corrispettivo.
La normativa prevede che la variazione in diminuzione tesa al recupero dell’IVA addebitata al cessionario, sia possibile solo nel caso di mancato pagamento, in tutto od in parte, a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose.
In sostanza, la variazione in diminuzione è stata subordinata all’infruttuosa conclusione della procedura concorsuale (o di quella esecutiva individuale) a mezzo delle quali il creditore ha proceduto nel tentativo di recuperare il credito, differendone la possibilità di recupero al momento in cui la perdita del credito può ritenersi definitiva, nel modo seguente:
TIPO DI PROCEDURA | MOMENTO EMISSIONE NOTA DI CREDITO |
Fallimento | A) In caso di ripartizione dell’attivo (art. 110, comma 3, L.F.): occorre guardare al piano di riparto presentato dal Curatore fallimentare ed al successivo decreto con cui il Giudice Delegato lo rende esecutivo, trascorso il termine di 15 giorni per le eventuali osservazioni dei creditori. L’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 155/E del 12 ottobre 2001 ha precisato che la facoltà di eseguire la variazione in diminuzione può essere esercitata dal cedente solo a seguito della ripartizione finale dell’attivo.
B) In mancanza di ripartizione dell’attivo (art. 119 L.F.): occorre guardare alla scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento: L’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 89/E del 18 marzo 2002 ha precisato che occorre riferirsi alla data di chiusura della procedura fallimentare. |
Liquidazione coatta amministrativa (art. 213 L.F.) | Per individuare l’infruttuosità della procedura, occorre guardare al decorso dei termini per l’approvazione del piano di riparto. |
Concordato fallimentare (artt. 130 e 131 L.F.) | Occorre aspettare il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato fallimentare: da tale data discendono gli effetti sostanziali e processuali del concordato in modo definitivo. |
Concordato preventivo | Per individuare l’infruttuosità della procedura occorre guardare sia alla definitività della sentenza di omologazione del concordato preventivo (art. 181 L.F.) che al momento in cui il debitore concordatario adempia effettivamente gli obblighi assunti con il concordato stesso. |
Accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis L.F.) | Dalla sua omologazione. |
Piano attestato (art. 67, terzo comma, lett. d), L.F.) | Dalla data di pubblicazione del Piano attestato nel Registro delle Imprese, ovvero dalla data dell’accordo stipulato in esecuzione del Piano attestato, se successivo. |
Resta ferma ed invariata la disciplina in precedenza già stabilita per l’accordo di ristrutturazione dei debiti (ex art. 182-bis L.F.) e per il piano attestato (ex art. 67, comma 3, lettera d) L.F.).
Il comma 5, dell’articolo 26, del D.P.R. n. 633/1972 dispone che nel caso di procedure concorsuali, il cessionario o committente assoggettato ad una procedura, non ha più l’obbligo di registrare la variazione nel registro delle fatture emesse (o dei corrispettivi), né di computare l’I.V.A. relativa nella liquidazione.
Come precisato dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 12/E dell’8 aprile 2016: “a fronte della variazione in diminuzione effettuata dal creditore non sussiste, in caso di procedura concorsuale, l’obbligo di registrazione della corrispondente variazione in aumento. A ciò consegue che la procedura non è, altresì, tenuta al versamento della relativa imposta non essendone debitrice”.
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2. Procedure esecutive individuali e variazioni in diminuzione dell’IVA per mancato pagamento del corrispettivo.
Il nuovo secondo comma, dell’articolo 26 del D.P.R. n. 633/1972, prevede che la variazione in diminuzione tesa al recupero dell’IVA addebitata al cessionario, “a causa di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose”.
La variazione in diminuzione resta subordinata all’infruttuosa conclusione della procedura esecutiva individuale.
La Legge di Stabilità 2016 era intervenuta a modificare l’articolo 26 del D.P.R. n. 633/1972, introducendo il nuovo comma 12 che attua un intervento di natura interpretativa.
Il predetto comma precisa il significato della locuzione “procedura esecutiva individuale infruttuosa”, nel modo seguente:
“Ai fini del comma 2, una procedura esecutiva individuale si considera in ogni caso infruttuosa:
In altri termini, vengono precisate le tre ipotesi, al ricorrere delle quali la procedura esecutiva individuale si considera infruttuosa, eliminando le incertezze interpretative al riguardo esistenti.
Le disposizioni sono indubbio ispirate ad un criterio di favore per i contribuenti: la variazione in diminuzione viene infatti consentita in tutte le ipotesi in cui la procedura esecutiva non ha avuto un esito positivo.
Trattandosi di norma di interpretazione autentica, la sua efficacia è da considerarsi immediata e trova applicazione anche per le fattispecie pregresse.
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3. Variazioni in diminuzione dell’IVA per mancato pagamento del corrispettivo: brevi indicazioni operative.
Il ‘recupero’ dell’IVA non riscossa a seguito del mancato pagamento del corrispettivo, sia nel caso di assoggettamento a procedure concorsuali che nel caso di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose, è possibile attraverso l’emissione di una Nota di Variazione dell’imponibile e dell’IVA.
L’importo complessivo dell’I.V.A. che è possibile recuperare è ovviamente quella all’epoca vigente ed addebitata in fattura.
A tale riguardo occorrerà prendere in esame il documento originariamente emesso, e verificare l’aliquota I.V.A. addebitata relativa (l’aliquota ordinaria nel corso del tempo è infatti variata più volte).
Operativamente si dovrà procedere ad emettere una Nota di Credito, intestata al cessionario, per l’IMPONIBILE e l’I.V.A. da recuperare, inserendo la seguente dicitura (od una analoga):
“Documento di accredito emesso ai sensi dell’art. 26, del D.P.R. n. 633/1972, al solo fine di recuperare l’imposta IVA. Non comporta rinuncia al credito rimasto insoddisfatto.“.
Come noto, l’emissione della nota di variazione è subordinata al fatto che in relazione all’operazione sia stata originariamente emessa una fattura: infatti, come precisato dall’Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 219/E del 4 dicembre 2003 e nella Risoluzione n. 86/E del 7 maggio 2007 è esclusa la possibilità di emettere la nota di variazione nell’ipotesi di operazioni documentate mediante scontrino o ricevuta fiscale.
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(dott. Piergiorgio Ripa – piergiorgio.ripa@studioripa.it)
(Informativa aggiornata al 14 gennaio 2017)
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Articolo 26 – Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633
Testo in vigore dal 1 gennaio 2017
1. Le disposizioni degli articoli 21 e seguenti devono essere osservate, in relazione al maggiore ammontare, tutte le volte che successivamente all’emissione della fattura o alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24 l’ammontare imponibile di un’operazione o quello della relativa imposta viene ad aumentare per qualsiasi motivo, compresa la rettifica di inesattezze della fatturazione o della registrazione.
2. Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis, R.D. 267/1942, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, comma 3, lettera d), R.D. 267/1942, pubblicato nel registro delle imprese o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25.
3. La disposizione di cui al comma 2 non può essere applicata dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti e può essere applicata, entro lo stesso termine, anche in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo all’applicazione dell’articolo 21, comma 7.
4. abrogato.
5. Ove il cedente o prestatore si avvalga della facoltà di cui al comma 2, il cessionario o committente, che abbia già registrato l’operazione ai sensi dell’articolo 25, deve in tal caso registrare la variazione a norma dell’articolo 23 o dell’articolo 24, nei limiti della detrazione operata, salvo il suo diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa.
6. abrogato.
7. La correzione di errori materiali o di calcolo nelle registrazioni di cui agli articoli 23, 25 e 39 e nelle liquidazioni periodiche di cui all’articolo 27, all’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100, e successive modificazioni, e all’articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1999, n. 542, e successive modificazioni, deve essere fatta, mediante annotazione delle variazioni dell’imposta in aumento nel registro di cui all’articolo 23 e delle variazioni dell’imposta in diminuzione nel registro di cui all’articolo 25. Con le stesse modalità devono essere corretti, nel registro di cui all’articolo 24, gli errori materiali inerenti alla trascrizione di dati indicati nelle fatture o nei registri tenuti a norma di legge.
8. Le variazioni di cui ai commi 2, 3 e 5 e quelle per errori di registrazione di cui al comma 7 possono essere effettuate dal cedente o prestatore del servizio e dal cessionario o committente anche mediante apposite annotazioni in rettifica rispettivamente sui registri di cui agli articoli 23 e 24 e sul registro di cui all’articolo 25.
9. Nel caso di risoluzione contrattuale, relativa a contratti a esecuzione continuata o periodica, conseguente a inadempimento, la facoltà di cui al comma 2 non si estende a quelle cessioni e a quelle prestazioni per cui sia il cedente o prestatore che il cessionario o committente abbiano correttamente adempiuto alle proprie obbligazioni.
10. La facoltà di cui al comma 2 può essere esercitata, ricorrendo i presupposti di cui a tale disposizione, anche dai cessionari e committenti debitori dell’imposta ai sensi dell’articolo 17 o dell’articolo 74 del presente decreto ovvero dell’articolo 44 del decreto- legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni. In tal caso, si applica ai cessionari o committenti la disposizione di cui al comma 5.
11. abrogato.
12. Ai fini del comma 2, una procedura esecutiva individuale si considera in ogni caso infruttuosa:
a) nell’ipotesi di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare;
b) nell’ipotesi di pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità;
c) nell’ipotesi in cui, dopo che per tre volte l’asta per la vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità.
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(1) Il presente articolo è stato sostituito dall’art. 1, comma 126, L. 28.12.2015, n. 208 con decorrenza dal 01.01.2016.
(2) Ai sensi dell’art. 1, comma 127, L. 28.12.2015, n. 208 le disposizioni contenute al comma 4, lettera a), e comma 5, secondo periodo, si applicano nei casi in cui il cessionario o committente sia assoggettato a una procedura concorsuale successivamente al 31 dicembre 2016; le altre, invece, si applicano anche alle operazioni effettuate anteriormente alla data del 31.12.2016.
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